Dalle nostre parti il cioccolato aveva un padre, Roberto Catinari. Le porte della sua bottega di Agliana sono state aperte migliaia di volte, rivelando il potere fantastico del profumo del cacao e dei suoi cioccolatini (mitici quelli al liquore che da bambini rubavamo di nascosto alle tavole delle feste). Insuperabili e garanzia sempre di un equilibrio che non sfidava le sperimentazioni modaiole. Premio per giornate uggiose, per riunioni di famiglia o per occasioni speciali: il pacchetto di carta legato col nastro, aspettava solo di essere aperto. “La massa di cacao non è cioccolato: chi la mangia?” ebbe l’ardire di controbattere in un evento di fronte a colleghi gourmet: e aveva ragione. Ma lui poteva permettersi di essere tanchant. Lui era il maestro di quella generazione.Quando raccontavano di un cioccolataio “svizzero” di Bardalone che si era trasferito ad Agliana, erano solo gli esordi. Un visionario, un precursore, o semplicemente un ottimo artigiano, di quelli che si contano sulle dita di una mano. Un carattere non facile che con la sua lunga barba bianca negli ultimi anni incuteva un che di venerando e sacrale rispetto. In molti si sono formati da lui imparando i trucchi del mestiere. Ieri se ne è andato un pezzo di storia del gusto di Agliana e del nostro territorio. Uno che ha comunque lasciato il segno nella nostra memoria, e verso il quale abbiamo un profondo senso di gratitudine, fosse solo delle nostre papille gustative.Buon viaggio Roberto. A noi lasci il ricordo più dolce della tua arte.(Ph. Alessandro Pesson, da “Su e giù per la vita. Storie di donne e di uomini straordinariamente ordinari”, Baldini e Castoldi 2016)